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DRUG DANCE

 

   La Drug Dance è una danza che rappresenta uno dei problemi più gravi che affligge la società odierna, ovvero quello della droga. Essa mostra la vita di una ragazza ostacolata da molti problemi. Le viene offerta della droga (nella danza rappresentata con 4 figure vestite di nero) come migliore soluzione a quei problemi apparentemente insuperabili. Credendola l’unica via d’uscita, la ragazza coglie l’opportunità e comincia a far uso di droga, ma precipiterà in quel tunnel buio e sempre più tortuoso la cui risalita sarà molto difficile. Un ruolo determinante è rivestito dai genitori, che inizialmente sono impotenti ma infine aiuteranno la ragazza a venire fuori dalla droga grazie al potere della preghiera e del loro amore.

 

“La tendenza generale è che l'inquinamento del corpo e della mente sia un fatto di scelta individuale quasi come se l'individuo non viva in interazione con gli altri”.

Dott. Riccardo Gatti

 

“Il mondo è dei mediocri ed i valori che esprimono sono tutti concentrati in una bella macchina, in una pelliccia in una "posizione". Ma non sono questi i valori, questi sono imbrogli, sono bugie, pietose bugie per quietare la paura di cui tutti moriamo ogni giorno”.

 

“…ma tutta la tristezza ed il dolore che esistono vengono dal mondo della materia, il mondo spirituale dà soltanto la gioia!...”

‘Abdu’l-Bahà

 

 

Il workshop One Family ha ritenuto di fondamentale importanza rappresentare questo grave problema proprio perché continua ad essere sempre più diffuso tra i giovani. Per analizzarlo a fondo è necessario risalire all’origine della droga.

 

La droga nell’antichità era considerata una sostanza sacra, un dono ricevuto dagli Dei. Non si assumeva semplicemente per curiosità, per evadere dalle proprie responsabilità, per provare sensazioni piacevoli… ma le sue funzioni erano di tipo terapeutico e medico ed il suo uso era limitato. Solo nelle Ande centrali ed in Perù era consumata in massa. Masticando le foglie di cocaina gli Indios riuscivano a resistere ai dolori della fame ed a compiere lavori pesanti.

 

Ma perché i ragazzi si drogano?

Ci sono innumerevoli motivi per “drogarsi”… ce ne sono altrettanti, se non di più, per non farlo! La scelta è soggettiva. A volte ci si droga per semplice curiosità, per evadere dalle nostre responsabilità, a volte perché se non ne assumi sei “out”,o semplicemente perché qualcuno ce la offre. E quel qualcuno c’è sempre. Ma non bisogna farsi fregare. Sopratutto non bisogna entrare in un meccanismo di rinuncia mollando ancora prima di cominciare... A volte ci sentiamo un vuoto dentro che più cerchiamo di colmare con i “prodotti” del mondo materialista o consumistico e più esso aumenta provocando un’ infelicità soffocante. Allora senti il mondo crollarti addosso di un peso che non puoi sostenere. Cominci ad evadere dalle tue responsabilità, a costruire un barriera tra te ed il resto del mondo…

Tutti ti spingono a fare quello che la "media" fà. Ma devi pensare con la propria testa e fare quello che decidi. Nella vita, nonostante gli orrori di fronte a cui veniamo messi ogni giorno, ci sono ampie riserve di bellezza e meraviglia.

 

“Il mondo non è orrendo, solo terribilmente impersonale ma allo stesso tempo ogni cosa miracolosamente accade. Molto dipende dal modo di guardare le cose. Si deve imparare ad ascoltare e a vedere. Non si deve rinunciare a mettersi occhiali diversi”.

 

GLI EFFETTI

“A lavorare sembravo uno zombie, mi muovevo ormai in modo molto lento. Avevo dolori che si trasmettevano dallo stomaco alle braccia; non avevo più appetito, il cuore era in aritmia, andava a duemila. Ero schizzato e nervosissimo. Ho anche pensato “La faccio finita”, perché mi sentivo troppo male fisicamente”.

Gianluca, un giovane consumatore di ecstacy.

 

Di droga non si muore soltanto per overdose, cioè quando se ne assume una quantità esagerata, ma anche perché a volte viene miscelata dagli spacciatori con sostanze meno costose (vetro, marmo,cemento…).

 

I MODELLI NEGATIVI

 

“Sono diventato ciò di cui un tempo avevo paura…” Così si conclude LA MIA LUNGA STRADA DALL’INFERNO, autobiografia della rockstar Marilyn Manson. La sua impellente missione pare quella di traviare milioni di ragazzini americani. La stessa di Sean “Puff Daddy” Combs, il nuovo re della musica nera. Ultimamente gli è capitato con l’attrice e cantante Jennifer Lopez, perfetta nel ruolo di pupa del gangster. Motivo? Una movimentata serata con sparatoria finale. Negli USA nessuno dubita che star come Manson e Combs siano estremamente influenti sui comportamenti dei ragazzi e perciò pericolosissime.

I sociologi americani hanno fatto più di una riflessione sulla vicenda di Littleton, dove l’anno scorso due adolescenti massacrarono 15 compagni di scuola, prima di farsi saltare le cervella. Si scoprì che Manson era l’idolo dei due piccoli pistoleri. In quell’occasione perfino il “Time” arrivò a scrivere: “Manson è un passaggio obbligato per chiunque indaghi tra gli adolescenti-killer”.

Benvenuti alla caccia al mostro. Alla ricerca dei malefici esempi che, in arrivo dallo spettacolo e dalla comunicazione influenzano negativamente la gioventù del pianeta. Come Manson, per l’appunto, che canta: “Le droghe non mi piacciono, ma io piaccio alle droghe”. E se le magliette con la sua effigie sono bandite dai supermercati americani, nelle scuole i presidi vietano ai loro studenti di indossarle.

 

UNA PROBABILE SOLUZIONE?

 

“… ma tutta la tristezza e il dolore che esistono vengono dal mondo della materia, il mondo spirituale dà soltanto la gioia! Se noi soffriamo, la sofferenza è il risultato delle cose materiali; e tutte le prove e tutte le difficoltà vengono da questo mondo d’illusione…”

 

“Ogni vera guarigione viene da Dio”

 

“Non riesco a comprendere perché la gente insiste sul fatto che non si può smettere una cosa una volta che ci si è abituati. Lo si può fare con grande facilità se si decide fermamente risolvendo d’abbandonare quell’abitudine per sempre. E’ una questione di carattere e determinazione”.

 

 

“Levatevi, o genti, e per il potere della possanza di Dio, decidetevi a vincere voi stessi…”

 

 

 

 

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